Esperienza interattiva su

La Tavola di Polcevera

«La tavola è di forma quasi quadrata, di grandezza poco meno di due palmi, la materia è mistura di bronzo che tiene qualche poco argento. Trovolla un paesano Genoate Agostino di Pedemonte l’anno di mille cinquecentosei nella valle di Polcevera secca nella villa di Izosecco sotto terra, cavando con la zappa in una sua possessione; e portolla a Genova per vendere. Ed il Senato, poiché li fu fatto tendere di quanta importanza era questa tavola, riscattò quella, e fu grato a cui gliene dette notizia. E la fece riporre in luogo pubblico in la Chiesa di S. Lorenzo nel muro circondata di bianchi marmi, a canto alla cappella del glorioso S. Gio. Battista dalla parte orientale per memoria perpetua. E chi vuol ben considerare, non si è trovata da più anni in qua una anticaglia, che si possi uguagliare nè comparare a questa, alla quale noi in l’opera latina abbiam fatto un comentariolo per più facile intelligenza di quella; perché il parlar è antico, differente assai della loquela di Cicerone e degli altri posteriori autori e riformatori dell’antichissima lingua latina»

(Agostino Giustiniani, "Annali della Repubblica di Genova", 1537)



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LA TAVOLA INTERATTIVA

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Introduzione alla Tavola di Polcevera con riferimenti alle linee di testo originali

La Tavola di Polcevera Sulla Tavola è incisa una sentenza del Senato di Roma in merito ai confini delle terre private dei Viturii, ai confini e al possesso delle terre pubbliche in un territorio collocato in alta Val Polcevera, nell’entroterra genovese. Il testo in latino arcaico è distribuito su 46 linee di lettere alte da mezzo centimetro a un centimetro e mezzo. La sentenza fu emessa a Roma davanti ai rappresentanti di Genuensi e Viturii e quindi trascritta su due tavole di bronzo che furono consegnate a ambedue le parti: quella conservata al Museo di Archeologia è, molto probabilmente, la copia dei Viturii ritrovata in Val Polcevera nel 1506. La Tavola fu portata dal contadino che la trovò arando un campo in località Isola, frazione di Serra Riccò, a Genova e venduta ad un calderaio che avrebbe dovuto fonderla. Uno studioso, forse A. Giustiniani, la vide e segnalò la sua esistenza e la sua importanza al Governo della città che ne decise l’acquisto. Nel 1507 il Governatore francese e il Consiglio degli Anziani decisero che la Tavola dovesse essere preservata ed esposta degnamente, in modo da testimoniare il passato antico della città. Da allora la tavola fu collocata nel Duomo, quindi nel Palazzo dei Padri del Comune presso il Palazzo San Giorgio, in seguito a Palazzo Ducale e quindi a Palazzo Tursi. Nel 1911 fu collocata nel Museo di Palazzo Bianco, nel 1929 fu trasferita nella sala del podestà e, dalla fine della seconda guerra mondiale, nell’ufficio del Sindaco fino al 1995 quando, dopo essere stata esposta a Palazzo Ducale per una mostra temporanea, fu collocata nel Civico Museo di Archeologia Ligure.

Linea 1- 5: Il testo inizia col nome degli arbitri, Quinto e Marco Minucio Rufo quindi precisa i termini della questione di cui si occuparono in Val Polcevera, ovvero le controversie tra Genuati e Viturii sulle norme secondo le quali questi ultimi dovessero avere in proprietà le tere private e possedere l’agro pubblico e sui confini dell’agro stesso; quindi precisa le modalità che gli arbitri adottarono: una ricognizione sul terreno in presenza dei contendenti in cui furono stabiliti le norme e i confini in discussione, la collocazione dei termini, ovvero dei segni di confine, e infine la convocazione di rappresentanti delle due parti a Roma, dove fu emessa la sentenza il 15 dicembre del 117 a.C.

Linea 5 – 13: il testo precisa norme e confini dell’agro privato (area dove i Viturii avevano diritto di vendita e successione) indicando esattamente dove passano i confini rispetto a punti e corsi d’acqua, monti e alla Via Postumia.

Linea 13 – 23: il testo indica i confini dell’agro pubblico rispetto a punti e corsi d’acqua, monti e al Castello chiamato Aliano.

Linea 23 – 32: norme e condizioni di uso per l’agro dichiarato pubblico (area nella quale venne riconosciuto ai Viturii il diritto al possesso dietro versamento di un tributo annuo a Genova).

Linea 32 – 42: norme e condizioni di uso per l’agro compascuo compascuo (area dove i Viturii avevano diritti di sfruttamento delle risorse silvo-pastorali), per il pagamento della tassa al Tesoro di Genova, per l’utilizzo dell’agro compascuo dei Veiturii Langenses e di altre tribù liguri (Odiati, Mentovini, Cavaturini, Dectunini) altrimenti sconosciute.

Linea 42 - 46: il testo stabilisce la liberazione dei Viturii imprigionati dai Genovesi e eventualmente ancora in carcere prima del 15 giugno successivo alla sentenza. Seguono le firme dei rappresentanti dei Veiturii.

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Il testo Integrale in latino

Q(uintus) (et) M(arcus) Minucieis Q(uinti) f(ilii) Rufeis de controvorsieis inter / Genuateis et Veiturios in re praesente cognoverunt, et coram inter eos controvosias composeiverunt, / et qua lege agrum possiderent et qua fineis fierent dixserunt. Eos fineis facere terminosque statui iuserunt; / ubei ea facta essent, Romam coram venire iouserunt. Romae coram sententiam ex senati consulto dixerunt eidib(us) / Decemb(ribus) L(ucio) Caecilio Q(uinti) f(ilio) (et) Q(uinto) Muucio Q(uinti) f(ilio) co(n)s(ulibus). Qua ager privatus casteli Vituriorum est, quem agrum eos vendere heredemque / sequi licet, is ager vectigal(is) nei siet. Langatium fineis agri privati: ab rivo infimo, qui oritur ab fontei in Mannicelo ad flovium / Edem: ibi terminus stat; inde flovio suso vorsum in flovium Lemurim; inde flovio Lemuri susum usque ad rivom Comberane(am); / inde rivo Comberanea susum usque ad comvalem Caeptiemam: ibi termina duo stant circum viam Postumiam; ex eis terminis recta / regione in rivo Vendupale; ex rivo Vindupale in flovium Neviascam; inde dorsum flovio Neviasca in flovium Procoberam; inde / flovio Procoberam deorsum usque ad rivom Vinelascam infumum: ibei terminus stat; inde sursum rivo recto Vinelesca: / ibei terminus stat propter viam Postumiam, inde alter trans viam Postumiam terminus stat; ex eo termino, quei stat / trans viam Postumiam, recta regione in fontem in Manicelum; inde deorsum rivo, quei oritur ab fonte en Manicelo, / ad terminum, quei stat ad flovium Edem. Agri poplici, quod Langenses posident, hisce finis videntur esse: ubi comfluont / Edus et Procobera, ibei terminus stat; inde Ede flovio sursuorsum in montem Lemurino infumo: ibei terminus / stat; inde sursumvorsum iugo recto monte Lemurino: ibei terminus stat; inde susum iugo recto Lemurino: ibi terminus / stat in monte pro cavo; inde sursum iugo recto in montem Lemurinum summum: ibei terminus stat; inde sursum iugo / recto in castelum, quei vocitatus est Alianus: ibei terminus stat; inde sursum iugo recto in montem Ioventionem: ibi terminus / stat; inde sursum iugo recto in montem Apeninum, quei vocatur Boplo: ibei terminus stat; inde Apeninum iugo recto / in montem Tuledonem: ibei terminus stat; inde deorsum iugo recto in flovium Veraglascam in montem Berigiemam / infumo: ibi terminus stat; inde sursum iugo recto in montem Prenicum: ibi terminus stat; inde dorsum iugo recto in / flovium Tulelascam: ibi terminus stat; inde sursum iugo recto Blustiemelo in montem Claxelum; ibi terminus stat; inde / deorsum in fontem Lebriemelum: ibi terminus stat; inde recto rivo Eniseca in flovium Porcoberam: ibi terminus stat; / inde deorsum in floviom Porcoberam, ubei conflovont flovi Edus et Porcobera: ibi terminus stat. Quem agrum poplicum / iudicamus esse, eum agrum castelanos Langenses Veiturios posidere fruique videtur oportere. Pro eo agro vectigal Langenses / Veituris in poplicum Genuam dent in an(n)os singulos vic(toriatos) n(ummos) CCCC. Sei Langenses eam pequniam non dabunt neque satis / facient arbitratuu Genuatium, quod per Genuenses mora non fiat, quo setius eam pequniam acipiant, tum quod in eo agro / natum erit frumenti partem vicensumam, vini partem sextam Langenses in poplicum Genuam dare debento / in annos singolos. Quei intra eos fineis agrum posedet Genuas aut Viturius, quei eorum posedeit k(alendis) Sextil(ibus) L(ucio) Caicilio / (et) Q(uinto) Muucio co(n)s(ulibus), eos ita posidere colereque liceat. Eus (!) quei posidebunt, vectigal Langensibus pro portione dent ita uti ceteri / Langenses, qui eorum in eo agro agrum posidebunt fruenturque. Praeter ea in eo agro ni quis posideto, nisi de maiore parte / Langensium Veituriorum sententia, dum ne alium intro mitat nisi Genuatem aut Veiturium colendi causa. Quei eorum / de maiore parte Langensium Veiturium sententia ita non parebit, is eum agrum nei habeto nive fruimino. Quei / ager compascuos erit, in eo agro quo minus pecus [p]ascere Genuates Veituriosque liceat ita utei in cetero agro / Genuati compascuo, ni quis prohibeto nive quis vim facito, neive prohibeto quo minus ex eo agro ligna materiamque / sumant utanturque. Vectigal anni primi k(alendis) Ianuaris secundis Veturis Langenses in poplicum Genuam dare / debento. Quod ante k(alendas) Ianuar(ias) primas Langenses fructi sunt eruntque, vectigal invitei dare nei debento. / Prata quae fuerunt proxuma faenisicei L(ucio) Caecilio (et) Q(uinto) Muucio co(n)s(ulibus) in agro poplico, quem Vituries Langenses / posident et quem Odiates et quem Dectunines et quem Cavaturineis et quem Mentovines posident, ea prata, / invitis Langensibus et Odiatibus et Dectuninebus et Cavaturines et Mentovines, quem quisque eorum agrum / posidebit, inviteis eis niquis sicet nive pascat nive fruatur. Sei Langueses (!) aut Odiates aut Dectunines aut Cavaturines / aut Mentovines malent in eo agro alia prata inmittere, defendere, sicare, id uti facere liceat, dum ne ampliorem / modum pratorum habeant quam proxuma aestate habuerunt fructique sunt. Vituries quei controvorsias / Genuensium ob iniourias iudicati aut damnati sunt, sei quis in vinculeis ob eas res est, eos omneis / solvei, mittei leiberique Genuenses videtur oportere ante eidus Sextilis primas. Sei quoi de ea re / iniquom videbitur esse, ad nos adeant primo quoque die et ab omnibus controversis et hono(---) publ(---) li(---). / Leg(ati) Moco Meticanio Meticoni f(ilius); Plaucus Peliani(o) Pelioni f(ilius).

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Traduzione integrale di G. Petracco Siccardi

Quinto e Marco Minucio Rufo, figlio di Quinto, riguardo alle controversie tra Genuati e Viturii, fecero una ricognizione sul terreno e in presenza dei contendenti composero la controversia e stabilirono secondo quali norme dovessero possedere l’agro e dove dovesse passare il confine. Ordinarono loro di seguire il confine e apporre i termini e, fatto ciò, di venire personalmente a Roma. A Roma in loro presenza, pronunziarono la sentenza per senatoconsulto il 15 dicembre sotto il consolato di Lucio Cecilio figlio di Quinto e Quinto Mucio figlio di Quinto. Dov’è agro privato del castello dei Viturii, essi possono venderlo e lasciarlo in eredità. Questo agro non sarà sottoposto a tassa. Confini dell’agro privato dei Langati. Dall’estremità inferiore del rio che nasce dalla fonte in Mannicelo al fiume Edo ( qui è posto un termine); poi, risalendo il fiume fino al fiume Lemori e per il fiume Lemori in su fino al rio Comberanea, poi per il rio Comberanea in su fino alla convalle Ceptiema (qui sono posti i due termini, di qua e di là dalla via Postumia). Da tali termini in linea retta al rio Vindupale, dal rio Vindupale al fiume Neviasca, dal fiume Neviasca giù fino al fiume Porcobera, e di lì in giù fino all’estremità inferiore del rio Vinelasca (qui è posto un termine); risalendo in linea retta il rio Vinelasca , ove è posto un termine al di qua della via Postumia, e un altro termine al di là della via, dal termine posto al di là della via Postumia, in linea retta fino alla fonte in Mannicelo, poi giù fino al termine posto presso il fiume Edo. I confini dell’agro pubblico che i Langensi possiedono risultano essere questi. Il primo termine è posto alla confluenza dell’Edo e del Porcobera. Di qui per il fiume Edo in su fino ai piedi del monte Lemurino (termine), in su in linea retta per la costa Lemurina (termine), ancora per la costa Lemurina ( qui è posto un termine sul monte che si affaccia sulla cavità), poi su dritto per costa alla sommità del monte Lemurino (termine), poi su dritto per costa al castello che è stato chiamato Aliano ( termine), poi su dritto per costa al monte Giovenzione ( termine), poi su dritto per costa al monte apennino che si chiama Boplo (termine); poi l’apennino dritto per la costa al monte Tudelone (termine); poi giù dritto per costa al fiume Veraglasca, ai piedi del Monte Berigiema (termine), poi su dritto per costa al monte Prenicco (termine), poi giù dritto al fiume Tulelasca ( termine), poi su dritto per la costa Blustiemela al monte Claxelo (termine), poi in giù alla fonte Lebriemela (termine), poi dritto per il rivo Eniseca al fiume Porcobera (termine), poi giù per il fiume Porcobera fino alla confluenza Edo-Porcobera, dove è posto un termine. L’agro che è dichiarato pubblico, i Langensi Viturii abitanti del castello possono possederlo e goderne. Per tale agro i Langensi Viturii verseranno al tesoro pubblico, a Genova, 400 nummi vittoriati ogni anno. Se i Langensi non verseranno tale somma e non soddisferanno all’arbitrato dei Genuati, a meno che i Genuensi non tardino a riscuotere la somma, in tal caso i Langensi dovranno versare al Tesoro di Genova, di tutto quanto sarà stato prodotto nell’agro, 1/20 del frumento e 1/6 del vino ogni anno. Chi possederà (un podere) entro tali confini, Genuate o Viturio, alla data del 1° giugno del consolato di Lucio Cecilio e di Quinto Mucio, potrà continuare a possederlo e goderlo. Tali possessori pagheranno la tassa ai Langensi secondo la loro posizione così come gli altri Langensi che possederanno e godranno un podere in tale agro. Oltre a questi possessi, nessuno potrà possedere se non con l’approvazione della maggioranza dei Langensi Viturii e condizione che non faccia subentrare, Genuate o Viturio, per coltivare. Chi non obbedirà al parere della maggioranza dei Langensi Viturii non avrà né godrà tale agro. Nell’agro che sarà compascuo, nessuno proibisca né impedisca con la forza ai Genuati e ai Viturii di pascolare il bestiame, così come nel resto dell’agro compascuo genuate; e nessuno proibisca che vi raccolgano legna e legname e ne facciano uso. La tassa del primo anno i Langensi Viturii debbono versarla al Tesoro di Genova il 1° gennaio dell’anno successivo. Per quanto i Langensi hanno goduto prima del 1° gennaio prossimo venturo, non debbono pagare nessuna tassa se non vogliono. Quando, nell’anno di consolato di Lucio Cecilio e di Quinto Mucio, i prati dell’agro pubblico saranno prossimi al taglio (i prati dell’agro pubblico posseduto dai Viturii Langensi, di quello posseduto dagli Odiati, di quello dei Mentovini di quello dei Cavaturini), nessuno potrà tagliarvi o pascolarvi senza il consenso dei Langensi, degli Odiati, dei Dectunini, dei Cavaturini e dei Mentovini, ciascuno per il proprio agro. Se i Langati, gli Odiati, i Dectunini, i Cavaturini e i Mentovini preferiscono costituire, cintare, tagliare altri prati in tale agro, potranno farlo a condizione che la misura totale dei prati non superi quella dell’estate passata. I Viturii che, in occasione delle controversie con i Genuensi sono stati giudicati o condannati per ingiurie, se qualcuno è in carcere per tali motivi, i Genuensi dovranno liberarli e proscioglierli prima del prossimo 15 giugno. Se a qualcuno sembrerà iniquo qualcosa di quanto è contenuto in questa sentenza, si rivolgano a noi, ogni primo giorno del mese, e siano liberi da tutte le controversie e oneri pubblici. Segue la firma dei legati: Mocone Meticanio, figlio di Meticone. Plauco Pelianio, figlio di Pelione

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Traduzione di G. Petracco Siccardi con adattamenti di G. Mennella

Quinto e Marco Minucio Rufo, figli di Quinto, riguardo alle controversie tra Genuati e Viturii, fecero una ricognizione sul terreno e in presenza dei contendenti composero la controversia e stabilirono secondo quali norme dovessero possedere l’agro e dove dovesse passare il confine. Ordinarono loro di segnare il confine e apporre i termini e, fatto ciò, di venire personalmente a Roma. A Roma in loro presenza pronunziarono la sentenza per senatoconsulto il 15 dicembre, sotto il consolato di Lucio Cecilio figlio di Quinto e Quinto Mucio figlio di Quinto. Dov’è agro privato del castello dei Viturii, essi possono venderlo e lasciarlo in eredità. Questo agro non sarà sottoposto a tassa. Confini dell’agro privato dei Langati: dall’estremità inferiore del rio che nasce dalla fonte in Mannicelo al fiume Edo (qui è posto un termine); poi, risalendo il fiume fino al fiume Lemori e per il fiume Lemori in su fino al rio Comberanea, poi per il rio Comberanea in su fino alla convalle Ceptiema (qui sono posti due termini, di qua e di là della via Postumia). Da tali termini in linea retta al rio Vindupale, dal rio Vindupale al fiume Neviasca, dal fiume Neviasca giù fino al fiume Porcobera, e di lì in giù fino all’estremità inferiore del rio Vinelasca (qui è posto un termine); risalendo in linea retta il rio Vinelasca, ove è posto un termine al di qua della via Postumia e un altro termine al di là della via, dal termine posto al di là della via Postumia in linea retta fino alla fonte in Mannicelo, poi giù fino al termine posto presso il fiume Edo. I confini dell’agro pubblico che i Langensi possiedono risultano essere questi: il primo termine è posto alla confluenza dell’Edo e del Porcobera. Di qui per il fiume Edo in su fino ai piedi del monte Lemurino (termine), in su in linea retta per la costa Lemurina (termine), ancora per la costa Lemurina (qui è posto un termine sul monte che si affaccia sulla cavità), poi su dritto per costa alla sommità del monte Lemurino (termine), poi su dritto per costa al castello che è stato chiamato Aliano (termine), poi su dritto per costa al monte Giovenzione (termine), poi su dritto per costa al monte appennino che si chiama Boplo (termine); poi per l’Appennino dritto per costa al monte Tuledone (termine); poi giù dritto per costa al fiume Veraglasca, ai piedi del Monte Berigiema (termine), poi su dritto per costa al monte Prenicco (termine), poi giù dritto al fiume Tulelasca (termine), poi giù dritto per la costa Blustiemela al monte Claxelo (termine), poi in giù alla fonte Lebriemela (termine), poi dritto per il rivo Eniseca al fiume Porcobera (termine), poi giù per il fiume Porcobera fino alla confluenza Edo-Porcobera, dove è posto un termine. L’agro che è dichiarato pubblico, i Langensi Viturii abitanti del castello possono possederlo e goderne. Per tale agro i Langensi Viturii verseranno al Tesoro pubblico, a Genua, 400 nummi vittoriati ogni anno. Se i Langensi non verseranno tale somma e non soddisferanno all’arbitrato dei Genuati, a meno che i Genuensi non tardino a riscuotere la somma, in tal caso i Langensi dovranno verasare al Tesoro a Genua, di tutto quanto sarà stato prodotto nell’agro, 1/20 del frumento e 1/6 del vino ogni anno. Chi possederà (un podere) entro tali confini, Genuate o Viturio, alla data del 1° giugno del consolato di Lucio Cecilio e Quinto Mucio, potrà continuare a possederlo e goderlo. Tali possessori pagheranno la tassa ai Langensi secondo la loro porzione così come gli altri Langensi che possederanno e godranno un podere in tale agro. Oltre a questi possessi, nessuno potrà possedere se non con l’approvazione della maggioranza dei Langensi Viturii e condizione che non faccia subentrare un altro, Genuate o Viturio, per coltivare. Chi non obbedirà al parere della maggioranza dei Langensi Viturii non avrà né godrà tale agro. Nell’agro che sarà compascuo, nessuno proibisca né impedisca con la forza ai Genuati e ai Viturii di pascolare il bestiame, così come nel resto dell’agro compascuo genuate; e nessuno proibisca che vi raccolgano legna e legname e ne facciano uso. La tassa del primo anno i Langensi Viturii debbono versarla al Tesoro di Genua il 1° gennaio dell’anno successivo. Per quanto i Langensi hanno goduto prima del 1° gennaio prossimo venturo, non debbono pagare nessuna tassa se non vogliono. Quando, nell’anno di consolato di Lucio Cecilio e Quinto Mucio, i prati dell’agro pubblico saranno prossimi al taglio (i prati dell’agro pubblico posseduto dai Langensi Viturii, di quello posseduto dagli Odiati, di quello dei Dectunini, di quello dei Mentovini e di quello dei Cavaturini), nessuno potrà tagliarvi o pascolarvi o goderne senza il consenso dei Langensi, degli Odiati, dei Dectunini, dei Cavaturini e dei Mentovini, ciascuno per il proprio agro. Se i Langati, gli Odiati, i Dectunini, i Cavaturini e i Mentovini preferiscono costituire, cintare, tagliare altri prati in tale agro, potranno farlo, a condizione che la misura totale dei prati non superi quella dell’estate passata. I Viturii che, in occasione delle controversie con i Genuensi sono stati giudicati o condannati per ingiurie, se qualcuno è in carcere per tali motivi, i Genuensi dovranno liberarli e proscioglierli prima del prossimo 15 giugno. Se a qualcuno sembrerà iniquo qualcosa di quanto è contenuto in questa sentenza, si rivolga a noi, ogni primo giorno del mese, e sia libero da tutte le controversie e oneri pubblici. I legati: Mocone Meticanio(ne?), figlio di Meticone; Plauco Pelianio(ne?), figlio di Pelione.

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Il modello 3D

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La Mappa della Val Polcevera

Sulla base della documentazione esistente i confini dei territori descritti nella tavola non possono essere determinati con certezza. In questa mappa della Val Polcevera sono evidenziati in colori diversi i territori dell'agro pubblico e di quello privato secondo una recente ipotesi. Selezionando i riferimenti numerati posti sulla mappa è possibile accedere a finestre informative su curiosità relative alla Tavola di Polcevera.



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